lunedì 3 marzo 2014

Ø

Penso di essermi trasferito qui. Ma non ne sono ancora tanto sicuro.

martedì 25 febbraio 2014

(No) Silence, Please

Era il gruppo rivelazione del mio 2013, è stato il mio primo concerto serio -leggi: a pagamento- del 2014. Questa sera ho visto le Savages a Milano, e qui c'è la prova schiacciante come l'orecchio di Soffiantini.


Prima nota positiva: non ero mai stato al Tunnel, in quanto a dimensioni e forma l'ho trovato subito interessante, col senno di poi non saprei dire riguardo l'acustica, i volumi erano discretamente bassi (non so se per scelta o per limiti dell'impianto o perché qualcuno ha sbagliato a girare un trigger), però l'ambiente è figo, se non consideriamo l'enorme palla rotante anni 70 che campeggia in mezzo alla pista, d'altronde l'impiego primario del locale è come discoteca.

Non ho visto il gruppo spalla in quanto impegnato a litigare con la porta Viacard della barriera di Agrate, dunque non posso parlarne male come si conviene. Non resta che venire al sodo.
Concerto breve, come ci si può aspettare da un gruppo che ha pubblicato un solo album. Scaletta obbligata, un paio di pezzi inediti e una cover dei Suicide a fare da contorno al disco quasi intero, meno un paio di canzoni troppo lente che avrebbero scaricato l'atmosfera. Esecuzione buona, decisamente simile alle registrazioni originali, che risulta forse poco coinvolgente. Un gruppo con queste sonorità potrebbe sporcarle tantissimo e far uscire tutti quanti con le orecchie sanguinanti, e io sarei tendenzialmente a favore di questo, ma si capisce una certa mancanza di carisma a livello strumentale. Solo la batterista sembra a tratti picchiare con cattiveria, per il resto sembrano poco più di una onesta cover band di stampo post-punk.
Lei però è una spanna sopra le altre, o forse due. La cantante, la front girl Jehnny Beth, è il valore aggiunto, sa stare sul palco, chiacchiera per tenere i tempi lunghi, ha le movenze appropriate, non si perde troppo in virtuosismi ma ci mette qualcosa in più. Da una band interamente femminile, ci si potrebbe aspettare un aspetto fascinoso; lei ne ha da vendere, e compensa l'anonimato delle compagne. Potrebbe essere una nuova Siouxsie Sioux, il taglio corto la fa assomigliare ad una versione maschile di Brian Molko, il tasso di androginia è lo stesso, senza intaccare comunque lo charme. Sale sulla transenna cantando "Husbands", ricorda che è la seconda volta in poco tempo che passano da Milano e ora per due anni non torneranno, saranno alle prese con le registrazioni di un nuovo album. Si mostra un po' perplessa per un pubblico piuttosto statico, ma senza eccedere nella stronzaggine. Se ne vanno senza encore, ma quel che c'era da dare è stato dato.

Avrei voluto scattare una foto, giusto una per completezza, ma avevo davanti il tizio più alto dell'intero pubblico, e si è dimostrata a posteriori una scelta forzata felice. Sul bancone del guardaroba c'era un foglio, che ho letto solo all'uscita. Recitava quel che io vado dicendo più o meno da anni, ho sorriso e ho fotografato.


C'è da dire che ha funzionato. Non ho visto schermi agitarsi davanti a me, giusto qualcuno ai lati con discrezione che fotografava di tanto in tanto. Un esperimento all'avanguardia, che dovrebbe essere imitato da tutti.

venerdì 21 febbraio 2014

St.Vincent (come fosse un Capodanno con Carlo Conti)

C'è una moria di concetti da trasmettere, da queste parti. Si scrive poco (leggi: nulla) per non scrivere male. Ogni tanto vale comunque la pena di far sentire la propria voce.

Ad esempio per suggerire l'ascolto del disco nuovo eponimo di St.Vincent, che uscirà di qui a qualche giorno ma che sul Guardian è disponibile per l'ascolto in streaming in anteprima.

Il pezzo qui sotto, "Birth in reverse", può dare una buona idea di ciò a cui si va incontro. Brano definitivo, tipo.


sabato 18 gennaio 2014

They wouldn't turn around and hate it

Ero alle prese con lo smontaggio del presepio, vale a dire togliere la capannina dal ripiano dei dischi, e trovare una scatola adatta a contenerla, e mi stavo avvicinando a un mezzo esaurimento causa dimensioni introvabili della scatola.
Ed è così che su Radiodue ("MU", trasmissione della quale ho trattato brevemente qui) mettono questa canzone. E io torno in pace con me stesso, col mondo e pure con i presepi.


Penso che basti a spiegare perché quando Lou Reed è scomparso ho pianto abbondantemente. Non eri uno qualunque, e non eri nemmeno semplicemente uno bravo.

venerdì 3 gennaio 2014

Dubbi esistenziali di inizio anno

Votare e lasciare un commento a piacere.

Rock is a Four Letter Word dovrebbe migrare su Wordpress o rimanere su Blogger?

giovedì 2 gennaio 2014

Garage Inc.

Non fa a tempo a concludersi il 2013, con tutti i bilanci postumi (e i postumi stessi) da rimettere assieme, che già sparano fuori i primi segni del nuovo anno.

Un'altra bonus track in anteprima dal prossimo album "Himalayan" dei Band of Skulls, "Be mine". Sempre meno garage rock, con tre minuti e dieci decisamente variabili e strutturati. C'è addirittura un pianoforte, e c'è la voce di Emma Richardson che prima ti distende e poi ti aggredisce. Questi sono bravi, non c'è un cazzo da dire.

L'intero disco di Stephen Malkmus & The Jicks, "Wig out at jagbags", in uscita dopo la Befana per la Matador, è disponibile all'ascolto su YouTube (via Consequence of Sound). Ci si trova quello che ci si potrebbe aspettare dall'estro di Malkmus, senza grosse sorprese e senza delusione alcuna. Un disco con cui alzarsi al mattino, senza rimpiangere troppo i bei tempi dei Pavement.

domenica 22 dicembre 2013

Terrified of Me

Perché il trip-hop non è solo Bristol, e non è solo UK.



Question
I can speak so softly
Answer
Because I have so much power

Essere tossici, sentirsi tossici, senza rendersene conto. Fino ad un certo punto. Non come Vasco o come Pete Doherty, intendo tossico come l'Eternit o come i colori che usano sui giocattoli made in China col bollino CE contraffatto.
Il mio bollino contraffatto è la razionalità, l'apparente linearità di ragionamento che ti fa dire "è tutto ok, non può esserci nulla di imprevedibile, è tutto così meravigliosamente ordinato", come lo svolgimento di un sistema di equazioni che quello è e quello rimane. E così non serve mettersi al riparo dalle sorprese, non ci vuole l'elmetto o la mascherina o gli occhiali protettivi.
E invece.
C'è che anche da queste parti l'animo è volubile, anche se non lo si da a vedere. Dietro uno sviluppo regolare e metodico di parole e pensieri, c'è un groviglio di impulsi nervosi che dovrebbero e potrebbero essere incontenibili, ma così non è, forse per merito della corazza in acciaio balistico di cui sono rivestito, dentro e fuori.
Succede che queste sinapsi decidono di prendere il comando. Si inserisce il pilota automatico, il calcolatore è convinto di esser lui a guidare, ma altro non è in quel momento che Maggie Simpson che sterza un volante finto, con la massima serietà. Ma non si vive di soli impulsi, e quando finisce la benzina e non c'è più inerzia il conducente torna ad avere un ruolo e un significato.
E cosa fa un iperrazionale quando si trova immerso in un groviglio intricato e illeggibile, una metro di Londra senza cartina? Prende in mano la roncola. Spezza le fibre nervose e apre le maglie. Immaginate Kabir Bedi nella foresta della Malesia. Senza lo sguardo magnetico, e con la barba un po' più corta.
Quando ad inizio 2007 prese forma la versione 1.0 di questo blog, c'erano frammenti de "Il Vile" ovunque. E oggi, come sette anni fa, mi sento un po' Ape Regina.
Posso fare fuori parti di voi
con facilità
La mostruosità di ciò ravviva
la parte cattiva
che non ho avuto mai

lunedì 16 dicembre 2013

Winter Stream

A dicembre non escono album degni di tale nome. Questo è risaputo, assodato e lo ripeterò fino alla nausea. Ma l'ultimo mese dell'anno è per molti un'occasione di mettere in circolazione un antipasto dei dischi in uscita all'inizio dell'anno successivo.

I Mogwai hanno instagrammato oggi un'immagine emblematica della loro fatica imminente, "Rave tapes". Da qualche settimana invece è visibile il video del brano "The lord is out of control", e -buona notizia per i fan degli amanti del post-rock scozzese- non è nulla di sconvolgente.

Più cambiamento, privo però di grande innovazione, lo si trova nell'analoga anteprima dei Kaiser Chiefs, "Misery company", prologo di quel che sarà "Education, education, education & war". Sembrano aver seguito la traccia lasciata dai Franz Ferdinand, con quella vena un po' danzereccia che risulta un po' troppo banale e già sentita.

Non conosco molto la sua vita al di fuori dei Pavement, ma "Cinnamon and lesbians" di Stephen Malkmus & The Jicks suona molto in continuità pacata con gli anni novanta del gruppo cosiddetto "seminale". Meglio forse su disco ("Wig out at jagbags" sarà il titolo, in uscita appena dopo l'Epifania) che dal vivo, questo il primo pensiero che viene meditando sull'opportunità di assistere o meno all'imminente tappa italiana del tour.

Raccomandabili dal vivo, e anche su disco, sebbene più impegnati e meno casinisti delle origini, gli Zen Circus hanno pronto "Canzoni contro la natura" dal quale giusto oggi è stato estrapolato il primo singolo/video, "VIVA". Avrei più bisogno di cazzonaggine che di protesta im-politica, ma di gruppi italiani che non annoiano se ne sente estrema necessità.

Parliamo un po' di garage rock. Il miglior garage rock contemporaneo, e chi dice Black Keys viene immediatamente espulso da qui. Jack White ci ha fatto cripticamente capire di essere al lavoro, anche con i Dead Weather, e per chi non credesse a queste epifanie (minuscole) è disponibilissima all'ascolto "Open up (that's enough)", con lui, Lei, quegli altri e il tiro che tanto ci manca, e che per sentire su album intero toccherà aspettare l'anno dopo, il 2015. Nel frattempo possiamo consumare la traccia digitale, noi che dallo scioglimento degli White Stripes in poi non siamo ancora stati in grado di farcene una ragione.

Garage rock, di spessore sensibilmente inferiore ma pur sempre apprezzabile, e che si fa un po' meno desiderare. I Band of Skulls hanno messo in preventivo l'uscita di "Himalayan", e "Asleep at the wheel" è la conferma del loro discreto talento. Di John Anthony Gillis ne nasce uno ogni secolo, di Alison Mosshart non ce ne sono tantissime in giro -sarebbe un mondo decisamente migliore-, ma di buon garage rock se ne riesce a sentire ancora senza stare ad aspettare Godot.

sabato 14 dicembre 2013

Unbalanced

Tempo di bilanci. A fine anno si usa fare così.

Stocazzo.

Mi trovo in un vortice di caos dal quale riesco ogni tanto a fuggire per rifiatare, senza avere modo di fermarmi un attimo e fissare le idee e schematizzare mentalmente la situazione.

Ho assunto a tutti gli effetti il ruolo di responsabile dell'ufficio del quale prima facevo parte. A parte alcuni automatismi non ancora funzionanti, specie nei sistemi informativi di approvazione (permessi, straordinari, richieste di approvvigionamento), a parte le basi di economia semi-pura che qualcuno mi dovrà prima o poi trasmettere (altrimenti non saprò mai come si evince un indice di rotazione dei magazzini), a parte che non ho ancora abbandonato il ruolo operativo che avevo prima e anzi mi trovo a sbrigare una serie di noie tipiche delle emergenze di fine anno, direi che tutto sommato mi trovo contento della posizione. Dormo bene la notte, non ho incubi ricorrenti lavorativi e non mi sveglio la mattina fermandomi cinque minuti in più nel letto per pianificare i lotti di acquisto dei materiali.

Ho fatto un sacco di acquisti. Molti dei quali documentati accuratamente su Instagram. I sacchetti Wonderbag per l'aspirapolvere, che si trovano solo su Amazon. L'ultimo flacone rimasto in circolazione (da 40 ml, peraltro) del mio profumo da un sacco di tempo, Hugo Element, che pare sia andato fuori produzione. L'agendina Moleskine Peanuts edition per il 2014, che quest'anno risplende di un bellissimo bianco. Dischi, dischi on line, magliette on line, talvolta abbinate a dischi. Questi sono i 150 dollari che ho investito nel vinile, in un negozietto degli Stati Uniti centro-occidentali.


Il cofanetto dei Beatles, che dopo un paio di anni è sceso sotto i 300 euro su Amazon e ho così tenuto fede alla promessa che mi ero fatto. Ma che è troppo ingombrante e ora non so bene dove mettere in mostra.


Il cofanetto dei Jesus and Mary Chain che è in arrivo, e temo subirà la medesima sorte, tanto da iniziare a meditare un nuovo innesto nell'arredamento di casa, anche se non ho la minima idea del cosa.

E poi niente, c'è la storia dell'incidente di martedì (andavo ai dieci all'ora, non mi sono fatto nulla) e del mio essere appiedato fino a data da definirsi, che però cercherò di fissare in altro modo.

domenica 24 novembre 2013

Lost and found

Premessa: partenza domenica mattina, passaggio in auto ore 8 fuori casa, mi trovo nel tardo pomeriggio di sabato con valigia ancora da preparare. Esco alle 19 per un aperitivo, "poi torno, preparo il bagaglio, mi sistemo la barba e più tardi esco". Sono rientrato nove ore dopo, in condizioni non pessime ma nemmeno fresco come una rosa, e ho riempito il valigione ridendo come un idiota pensando a quanto fossi idiota a trovarmi in quella situazione.
Nonostante la schematicità dei preparativi che in genere mi mette al riparo dalle sorprese, una volta partito ho constatato i seguenti inconvenienti:
- fazzoletti di carta dimenticati, ma trattandosi di una semplice precauzione e non avendo contratto alcun disturbo influenzale o respiratorio, peraltro non troppo improbabile causa predilezione degli americani per l'aria condizionata sparata a chiodo, non ne è conseguito alcun disagio
- errato conteggio delle notti che avrei passato fuori, necessario per risolvere l'equazione:
n°di paia di boxer/calzini = n°di notti fuori + 1
ma trattandosi anche in questo caso di un coefficiente di sicurezza, e non essendoci stati imprevisti, nessuna conseguenza degna di nota
- adattatore per presa americana clamorosamente lasciato a casa, roba che nei giorni precedenti la partenza mai ci ho pensato, una sorta di rimozione staliniana dell'oggetto dalla mia mente

Mi ero stupito della facilità con cui giovedì avevo ritrovato in pochi minuti tutto lo stretto necessario per andare negli USA: passaporto, modulo ESTA, 21 dollari in contanti (per le mance, tutto il resto lo paghi comodamente con carta di credito) (quando non te la bloccano, ma questa è un'altra storia, o se preferite è il Giorno della Marmotta) e addirittura la tessera Marriott Rewards che avevo usato una sola volta nel 2010. Temevo di scordare qualcosa di fondamentale. E difatti.
Vabbè, poco male, per una volta che ti scordi l'adattatore. Già, per una volta. Peccato che sia l'ottava volta che vado negli USA e nel 50% dei casi mi sia scordato a casa il maledetto apparecchio.
E dunque ieri ho risistemato l'arsenale, che con il nuovo arrivo (aeroporto di Francoforte, 16 euro di ladrata) assume questo aspetto:


Quelli bianchi sono le new entries (USA e UK), quello piccolino nero quasi invisibile poco più in basso è il primo che acquistai, il set azzurro l'ho comprato da Mediaworld e mi permette di andare ovunque, anche in paesi non riconosciuti dalle Nazioni Unite, il parallelepipedo nero ingombrante come un carrello appendice è un altro multifunzione trovato da Walmart, in più avendo acquistato anni fa un netbook oltreoceano ho pure il cavetto di alimentazione con presa americana.

Le sorprese non è che sono finite qui. Perché questi adattatori stanno in una scatola delle cianfrusaglie che ha saputo regalarmi altre emozioni. Cosa ci facesse lì dentro una scheda MicroSD da 4 GB nuova e ancora imballata non me lo so spiegare, ma ancora meno mi spiego come abbia fatto a ritrovare quanto segue:


È un supporto da agganciare sotto il sellino della bicicletta al quale fissare la catena flessibile con lucchetto, e la relativa chiave. I miei lettori più affezionati hanno già capito di cosa sto parlando, per gli altri questo è un breve riassunto documentato: era la fine di agosto del 2012, dovevo rientrare al lavoro dopo la chiusura estiva e avevo la bicicletta legata in garage, senza che riuscissi più a trovarne la chiave; dopo un paio di settimane, decisi di adottare il metodo drastico per riprendere possesso del mio velocipede; mesi dopo, luglio 2013, sono a Valencia in vacanza e nella tasca di un paio di bermuda ritrovo la chiave che avevo smarrito; ora, a 17 mesi di distanza, ritrovo anche l'altra copia.
La cosa grottesca è che sto disperatamente cercando la seconda chiave del nuovo lucchetto, poiché la prima si è rotta nella serratura, fortunatamente col lucchetto legato al portapacchi e non alla ruota; e, manco a dirlo, non sono più in grado di trovarla.