venerdì 30 dicembre 2011

Hangin' on Christmas tree

Anche quest'anno possiamo fare la conta. Si facciano avanti i sopravvissuti al Natale.
Le tecniche di autodifesa dalle festività in famiglia possono essere le più disparate.
La febbre a 39° sarebbe probabilmente la scappatoia più efficace, ma chi conosce una spolverata di Murphy sa che non ci si ammala mai al momento propizio (e sempre quando non si dovrebbe, tipo che oggi è il trenta dicembre e io ho la gola appesantita, il naso intasato e la testa ciondolante mentre pigio i tasti del mio cesso a dieci pollici).
Così ci si arrabatta come si può, ad esempio diversificando i parenti. Pranzo da una parte, cena dall'altra, giusto per sentire discorsi diversi.
Anche il Natale in stato di ebbrezza, o di stanchezza dovuta a un nightclubbing forzoso, contribuisce ad alleggerire il peso delle grandi abbuffate.
I bambini in famiglia sono una grande invenzione, attirano l'attenzione di tutti e permettono di passare inosservato mentre schiacciamo un pisolino, ci slacciamo la cintura, ci scaccoliamo o leggiamo l'intera edizione on-line de L'Unione Sarda sul nostro smartphone per ammazzare la noia.
C'è solo una questione che non riesco a superare, che mi traumatizza ogni volta e amplifica la mia insofferenza, altrimenti contenuta e contenibile. Passi l'antipasto, passino due primi, il secondo, i formaggi. Sei ormai mentalmente predisposto a visualizzare il traguardo, frutta-panettone-caffè e via, ed invece arriva la carrellata dei dolci natalizi. Dei quali, per scarsa golosità e per ripicca personale, non assaggi nemmeno un pezzetto. Panettone, pandoro, crema al mascarpone, torrone, mostarda, frutta secca, frutta candita, frutta candita ricoperta al cioccolato, cioccolatini, biscotti. Che venissero portati tutti assieme, andrebbe anche bene. E invece no, rigorosamente uno per volta. Tempo di attraversamento medio, due ore. Due fottutissime ore di noia, mentre tu avresti bisogno unicamente di un caffè, o almeno un Lexotan per non rendersi conto di nulla. Trovarne la scappatoia sarà il task del periodo natalizio 2012.

venerdì 23 dicembre 2011

Motion Picture Soundtrack

Ho ripreso esattamente dal punto in cui mi ero interrotto. Esattamente un cazzo, sono ripartito dall'inizio della seconda serie, mollata a metà qualche anno fa per ragioni imprecisate. Californication ha sempre il suo fascino, Duchovny è eccezionale e la voce originale (la lingua originale è una delle piccole variazioni sul tema che mi sono concesso, l'altra è il 42 pollici che nel frattempo è arrivato nel mio salotto) rende il personaggio alla perfezione.
L'altra notte mi sono imbattuto in questo passaggio; episodio 2x10, titolo evocativo "In Utero", uno di quegli episodi strani, belli ma parzialmente fuori contesto, che ogni tanto infilano nelle serie per spezzare il ritmo, infarciti di flash-back del passato. Colonna sonora pregevole, ad un certo punto salta fuori Nick Cave, ma alla fine c'è sempre un senso di incompletezza della puntata. Almeno fino a quando non parte questa scena. Questo gruppo, questa canzone, la voce di Hank Moody che per un momento è meno sessuomane del solito. E poi c'è di mezzo pure quello lì che è morto, che si è ammazzato quasi vent'anni fa.


giovedì 22 dicembre 2011

New Deal

Il duro mestiere del fan: essere costretti a sorbirsi mezza canzone di Bon Jovi su Virgin solo perché poi avrebbero parlato del side-project di Kim Deal dei Pixies. Non vedo l'ora che sia tarda primavera per sfoggiare la t-shirt verdastra che ho acquistato poche settimane fa.

lunedì 19 dicembre 2011

The Heinrich Maneuver

Distrarre l'opinione pubblica è semplice come attirare l'attenzione di un bambino. Siamo davanti a una manovra da 30 miliardi, e qual è la miccia che accende l'indignazione del mitologico "uomo della strada"? Il costo della politica.
Per l'amor di Dio, in un frangente di sacrifici per tutti, un segnale di uniformità a questo sforzo da parte di coloro che questi stessi sforzi ce li chiedono è necessario, rende un pochettino meno indigesta la cura da cavallo.
Quello che sembra non essere chiaro ai più è che non si risolve tutto tagliando quei mille stipendi, manco per il cazzo, viaggiano su ordini di grandezza totalmente differenti. L'aumento della benzina non ce lo leva nessuno, e lo slittamento dell'età pensionabile, e l'imposta sulla casa di proprietà, e via dicendo.
Si può chiedere una manovra più equa, anche se c'è necessità immediata di far cassa e il modo migliore per centrare l'obiettivo è andare a prendere i soldi "sicuri", quelli di chi ha sempre pagato. Le campagne sullo scandalo dello stipendio del barbiere di Montecitorio in questo momento sono fini a sé stesse, perché duecentomila euro annui sono certamente un'enormità, ma di quei duecentomila euro oggi ce ne facciamo poco più di un cazzo. Aggiungiamo questo punto all'agenda del futuro, ma oggi concentriamoci su interventi di maggiore efficacia.
Più gente si incassa per questa manovra, migliore sarà la sua riuscita e maggiore sarà la sua equità. Altrimenti ci troveremo a ringraziare le lobby e le corporazioni di ogni forma e livello per non aver scontentato nessuno e portato il sistema al default.

You're speaking my language

Non faccio nulla di rivoluzionario mettendomi a parlar male del doppiaggio dei film, grande vanto italico per anni e ora morbo che ci attanaglia.
Siamo abituati a personaggi che da Chicago a San Francisco, da Berlino a Madrid, da Tokio a Tijuana parlano con spiccata cadenza romanesca. Ancora una volta, nessuno vuole sminuire il lavoro di riadattamento e lo sforzo di sincronizzazione che sostengono i doppiatori, ma più passa il tempo e più diventa palese il limite congenito di questa pratica.
Lo stravolgere il senso delle frasi è solo un aspetto (in cui i migliori non incappano). Perché perdersi la voce originale dei personaggi, che pure sarebbe uno degli elementi caratterizzanti di un attore? Qualcuno sostiene che i sottotitoli distraggono. Qualcun altro non vuole provarci perché non capisce una parola di inglese. Se lo dice mia nonna ci credo anche. Ma chi ha un minimo di flessibilità mentale dovrebbe quantomeno provarci.
Ma questo ennesimo post di protesta da dove nasce? Come raccontavo qualche giorno fa, ho visto Midnight in Paris al cinema. Film americano ambientato a Parigi, in cui compaiono parecchi personaggi francesi e spagnoli. Il doppiaggio italiota fa parlare questi personaggi in italiano con presunto accento che ne denota la provenienza. Il risultato? Adriana, ragazza parigina che nella storia assume un certo rilievo, si esprime come una rumena. Qualcosa di drammatico, ogni volta che parla suscita un misto di ilarità e sgomento. Avessero fatto parlare Picasso come un kebabbaro, l'opera di disfacimento sarebbe stata completa.
Sto facendo un pensierino per andare a vederlo in lingua originale, anche se privo di sottotitoli mi risulterebbe indigesto (non mi prendo meriti che non mi spettano, se non leggo la traduzione mi perdo almeno la metà delle battute). Hanno provato a rovinare un film, devo fare il possibile per fermarli.

sabato 17 dicembre 2011

DuepuntoZero

A questo punto siamo pronti per l'inaugurazione ufficiale, il varo, il taglio del nastro. C'è il template, ci sono i post dell'ultimo anno, mancano ancora i lettori ma ci sono le idee (no, le idee non ci sono, ma non deve saperlo nessuno).
L'augurio è che questo vecchio nuovo blog sia all'insegna dello shoegaze e del reaganing, parole che riempiono la bocca. Followatemi, aggiungetemi ai preferiti, ditelo a tutti i vostri amici. E localizzate l'uscita di emergenza più vicina.
(un dubbio mi assilla, anzi due... il template è leggibile? ed è figo oppure dozzinale?)

venerdì 16 dicembre 2011

Like Dylan in the movies

Ieri sono andato al cinema a vedere Midnight in Paris. Non ho le minime competenze per esprimere un'opinione che sia degna di essere presa in considerazione, ma non lo ritengo un grosso ostacolo alla stesura di questo post.

Ho realizzato che il pomeriggio al cinema è una soluzione:
- economica, il prezzo del biglietto è quasi accettabile, mentre il sabato sera francamente è un furto
- comoda, lavoro a 5 minuti di strada da uno dei due multisala di Brescia
- che mette al sicuro da una posizione ignobile tipo fila R posto 1 giusto davanti al lobo destro del protagonista
- che non crea in imbarazzo per essere da solo, la sera uno magari si sente un po' sfigato, di giorno invece è normale, anche perché starsene seduti in silenzio per due ore che tu sia in compagnia o meno cambia un cazzo, l'ho sempre sostenuto e non ho mai concepito il cinema come prima uscita con una ragazza
- che riduce il pericolo di attacchi di sonno, la poltrona del cinema ricorda troppo un divano, e a me il divano dopocena stronca

Ci saranno state venti persone in sala. Troppe, sono riuscito a odiarne alcune. Quelli che descrivono all'amico cosa sta succedendo, come se fosse necessaria una didascalia a tutte le scene. Quelli che ostentano ad alta voce cultura di un certo livello, riconoscendo nel film luoghi e personaggi di nicchia come l'Arc de Triomphe, Pablo Picasso o Salvador Dalì, rimuginando però su chi sia questo Scott Fitzgerald. Quelli che anticipano le scene, la sceneggiatura di Woody Allen non è mai prevedibile effettivamente, specie dopo il quarantesimo film.

Parliamo anche del film, se avanza tempo? Massì dai. Owen Wilson ha dei capelli meravigliosi, la prossima volta che vado dal mio parrucchiere gay mi porto una foto. Nei migliori passaggi, quelli più alleniani disseminati di brevi monologhi e nevrotici botta e risposta, pare proprio di sentire l'Allen degli anni 70 che parla attraverso la voce di un'altra persona. Mi piacerebbe stenografarle tutte, queste frasi. I personaggi secondari sono tutti abbastanza odiosi, è come essere su un volo Ryanair pieno di italiani, ed è un altro punto a favore. Il rapporto tra romanticismo e cinismo è un po' troppo sbilanciato a favore del primo, e non mi piace granché questa diversa combinazione, io sto sempre dalla parte delle nevrosi. Più che discreto, nel complesso, consigliato caldamente a chi ama il regista e/o il genere, indicato anche per un pubblico medio. Basta che stia in silenzio.

C'è però un problema. Serio. Ma non è imputabile al regista, al cast, alla produzione o a checcazzo. Merita un post separato. Chi ha visto il film indovinerà senza grande sforzo.

mercoledì 14 dicembre 2011

Feels like home

Piccoli progressi nell'arredamento del nuovo blog: ho re-importato i post dal vecchio bulletprooftrip, dopo averli pasticciati e rimossi perché si erano persi alcuni commenti. Ne mancano ancora un po', ma chissenefrega, nel backup locale non manca nulla ed è la cosa che maggiormente mi preme.
Nel frattempo ho maturato una decisione: anziché appesantire il blog con tutta la storia dal 2007, della quale un po' mi vergogno, sono stati pubblicati solo i post a partire dal primo gennaio del 2011. Un minimo di storia recente, per aiutare l'indicizzazione in Google e per dare qualcosa in pasto ai lettori bulimici, senza esagerare con la nostalgia.

lunedì 12 dicembre 2011

Gozzoviglio Metalmeccanico

Ho fatto fruttare mezza giornata di sciopero senza aver combinato praticamente nulla.
Un breve excursus storico sullo sciopero odierno: CGIL, CISL e UIL hanno proclamato tre ore di astensione dal lavoro, la FIOM-CGIL (quella che tira i boeri al rum in bocca a Marchionne prima del posto di blocco, cfr.Crozza) ha rilanciato a otto, io ero intenzionato a non farne nemmeno mezza perché la mia visione del momento politico attuale è altra, e meriterebbe un approfondimento altrove; il caso ha voluto che stamattina entrassi in ufficio prestissimo, e tre ore di sciopero a fine turno mi avrebbero permesso di uscire prima di pranzo, al che mi sono convinto che si doveva dare un segnale, comunque. E così a 12 e 36 me ne sono andato a casa.
Pranzo, solite faccende domestiche di routine, svaccamento sul divano col pc. Giornata di ozio (dopo weekend+ponte di ozio), no?
No.
Ho trovato le coordinate del complesso residenziale nuovo, che ho adocchiato vicino al lavoro, dove a quanto pare affittano anche. Resta solo da chiamare, senza farselo soffiare come accaduto in tutti gli episodi precedenti.
Erano giorni che cercavo un modo di vedere la seconda serie di Californication in lingua originale. Si trovavano solo episodi dvdrip, e sottotitoli per la versione tv, ovvero asincronia intollerabile. C'era poi il 720p, la presunta alta qualità (effettivamente da mezzo metro si vede meglio, ma la mia miopia me ne preclude una valutazione sensata dalla distanza-divano), che è grosso quattro volte l'originale evabbè, ma che sul portatile si vede a scatti e macchie sarà la scheda video, e che i lettori divx non beccano l'han detto i cervelloni dei forum. Mettiamolo su chiavetta e vediamo se l'usb della televisione lo riconosce. Riconosciuto. Ho visto l'episodio 2x03 in lingua originale e in (potenziale) HD, o forse HD Ready.
Ma l'annoso problema che mi appesantiva le gonadi era un altro. L'account homebanking della mia banca, quella che è differente. Ho fatto richiesta nel primo trimestre di quest'anno, non ricordo bene che mese fosse. Ho fatto la spola da casa alla sede centrale per tutto il secondo trimestre, c'era il problema di sganciare il mio conto da un account comune e metterlo sotto il mio nuovo account, e non ci riuscivano, e mi avrebbero richiamato, e non mi richiamavano, e tornavo alla carica, e non cambiava un cazzo. Poi l'estate, le ferie, il ritorno, chi ha voglia di ricominciare la trafila. Prendo il coraggio a due mani e ci riprovo. Solo perché devo andare a prendere qualche sterlina. Miracolosamente, il pacchetto era pronto. Ho aspettato qualche settimana prima di gustarmi il sapore del successo e finalizzare la registrazione. Oggi era il momento giusto. Peccato che io 'sto ID utente non sapevo dove andare a beccarlo, non era la password accesso, non era la password dispositiva, non era il numero che compariva sulla chiavetta magica e nemmeno uno di quegli strani numeri presenti sugli allegati del contratto. E nemmeno il telefono della banca. Ho chiamato. La ragazza mi ha riconosciuto senza che mi dovessi presentare. Ha promesso che avrebbe fatto una verifica e mi avrebbe richiamato. Il numero già ce l'aveva, stava in rubrica alla lettera R. Rompiqualcosa. È stata di parola, e finalmente ho avuto quel che mi meritavo. Se dovessi perdere la password, o la chiavetta, ritiro i soldi dal conto e compro un po' di debito pubblico greco, e si fotta il conto telematico.

Nota a margine, a completamento del post precedente: la seconda metà dell'album degli of Montreal è meglio della prima, ma non ne sono rimasto impressionato. Voglio un altro titolo.

venerdì 9 dicembre 2011

Dust on the tracks

Sono troppo impegnato a far quadrare i conti dei commenti, nei cinque minuti quotidiani che dedico al blog, che non ho modo di scrivere qualcosa di interessante. Dovrò anche capire come tirare in piedi un template decente, e poi sistemare tutti i box, perché ancora non mi sento a casa quassopra.
Oggi mi sono dedicato, al netto del cazzeggio, a due attività che non praticavo da tempo e delle quali sentivo una grande necessità: riordinare&spolverare camera da un lato, scaricare&ascoltare nuovi album dall'altra.
Tralascio i dettagli dell'impegno casalingo, ancora in via di conclusione, per dire la mia non richiesta opinione "di primo acchito" su cinque dei tredici album che compaiono nella sezione "Aggiunti di recente" di iTunes, rimasta vuota troppo a lungo.

L'ultimo album di Dente, "Io tra di noi", è gradevole se sei un fan di Dente. Io lo apprezzo moderatamente, ma sono ancora troppo Dente-scettico per rimanerne colpito. E dieci euro per vederlo sabato al Vinile non so se li merita.

Il secondo disco dei Maccabees, "Wall of arms", non mi piace quanto il primo, e nemmeno quanto mi piacerà il terzo, in uscita a gennaio. Mi sono ricordato di loro settimane fa sfogliando NME, spero solo che ci sia una ragione perché li pompino così. Ho scritto pòmpino, con l'accento sulla o.

Nuova uscita anche per le Dum Dum Girls, "Only in dreams". Che per buona metà del disco suonano come facevano i Blondie trent'anni fa. Che è sempre un bel sentire, ma non c'è niente di innovativo. Meglio la seconda metà, solo che stavo spolverando e non ho prestato molta attenzione alla musica. Ma è sicuramente originale, altrimenti avrei iniziato a canticchiare sovrappensiero "Hanging on the telephone" con lo straccio delle polveri in mano.

Settantatreesimo (e ultimo per ora) disco di Tom Waits, "Bad as me". Non si discosta molto dai settantadue precedenti. E per fortuna, ché il vecchio rocker è sempre una fottuta garanzia. Ascoltandolo sovviene una certa atmosfera natalizia. Meglio, di una notte di Natale (il 25, non la vigilia) con l'auto parcheggiata davanti a una fabbrica di serramenti, finestrino abbassato, semisbronzo con la sigaretta in mano, che rifletti sulla festività appena passata e sul tuo essertela cavata egregiamente anche stavolta, e anche stavolta per merito dell'alcool. Devo masterizzarmene una copia e metterla in auto per l'occasione.

of Montreal, ultima fatica anche per loro, "False priest", risalente ormai al 2010. Sono a metà disco in questo istante, ma non mi entusiasma. Preferisco "Hissing fauna blabla", che poi è l'unico loro altro disco che ho ascoltato. Se avete suggerimenti al riguardo, sono tutt'orecchi.

giovedì 1 dicembre 2011

Ø

Sarebbe il post adatto per chiudere BulletProofTrip, prima della migrazione verso altri lidi. La mia pigrizia farà si che ciò non succeda, ma consideriamolo la chiosa ideale di questo spazio.
La devozione di questo blog agli Smashing Pumpkins la capisce anche uno scemo, l'avatar/header è autoesplicativo, il nick nasce da un'intersezione di pezzi tra cui uno celeberrimo della band di Chicago.
Martedì era la mia prima volta. In realtà ero al terzo concerto, il secondo in due giorni, ma mentre a Bologna nel 2008 ero al secondo anello, e lunedì a Milano ero al primo, a Padova stavo lì sotto, in mezzo, vicino.
William Patrick Corgan baffuto, panciuto, con tre ragazzi a fianco che fanno in tutto la sua età. Un palco con luminarie da luna park, poco "nineties" nello stile. Attaccano cattivi, casinisti, sporchi con pezzi nuovi. Poi rispolverano qualcosa dagli archivi e fanno capire che il prezzo del biglietto ancora lo valgono. I pezzi nuovi sono di buona fattura, anche se alcune digressioni un po' troppo forzate appesantiscono questi intermezzi. La scaletta l'avessi preparata io sarebbe completamente diversa, ma è pur vero che su trenta brani di Mellon Collie ne avrei voluti sentire ventidue, e non possiamo far durare un concerto sette ore perché "questa non la possono non fare". Canzoni nuove, pezzi di repertorio non proprio di prima linea ma anche brani destinati ad arruffianarsi il pubblico. Ed è su Siva, Cherub Rock, Tonight Tonight che la gente, un po' troppo statica in platea, si muove.
Il delirio arriva con l'encore. For Martha, riposo preventivo. Poi una di fila all'altra, senza soluzione di continuità, Zero e Bullet with butterfly wings. Roba da collassare lì. E un po' è successo.