mercoledì 8 febbraio 2012

Doesn't mean it's there

(continua da qui)
In cima ai miei ascolti Oxfordiani degli ultimi due-tre anni c'è senza dubbio "Hail to the Thief". È il loro album più rock del periodo post-rock, e dalla traccia 9 alla fine è semplicemente superlativo, un pezzo notevole dopo l'altro. E le artwork sono pure superbe, il packaging dei cd non è mai casuale, ma questo li supera tutti. There There sicuramente nella loro top 5, e comunque brano-ossessione degli ultimi mesi.
Quello che non mi spiego è come di Amnesiac io abbia un'alta considerazione. Non lo ascolto granché, raramente per intero, ed esce dai miei canoni di gradimento. Eppure è magnetico, qualche volta mi capita di sentire l'impulso di ascoltare quei due-tre pezzi cardine, Knives Out, Like Spinning Plates e soprattutto You and Whose Army?. Meglio del gemello, decisamente.
In Rainbows, come spiegavo nell'incipit, mi ci è voluto un po' per metabolizzarlo. Qualcosa del tipo diversi mesi ed un concerto di mezzo. Ma quando ti prende poi è un casino. Con Reckoner brano di punta, forse perché mi ricorda l'apertura di quel diciotto di giugno del duemilaotto, e chi c'era lo può confermare.
Ho scritto a sufficienza perché venga assolto lo scopo principale di questo post. L'anno prossimo poi parliamo di The King of Limbs.

14 commenti:

  1. Magnetico è un aggettivo che si usa spesso da queste parti ;).
    Comunque non capisco la tua titubanza, è venuto bene il post. Mi piace leggerti.

    Un sorriso :)

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  2. sai cosa penso di reckoner, ne ho scritto tempo fa.
    e in tutto ciò hai titolato con la mia fav.

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    1. evabbè, per una volta non sono troppo di nicchia anche per la gente di nicchia...

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